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E se le donne iniziano a votare per le donne?.
Le quote sembrano ormai la panacea a tutti i mali della dis-parità di genere. La proposta di legge sull'introduzione delle quote nell'elezione dei consigli di amministrazione è ferma alla Camera, ma potrebbe ben presto vedere la luce (manca solo il via libera del Governo per l'approvazione in sede legislativa, quindi senza passare in aula). Se sarà approvata, verrà salutata con favore da tante manager che hanno dovuto abdicare al credo della meritocrazia a tutti i costi perché il tetto di cristallo non si sfonda. Ci sono, però, ambiti dove invocare le quote può suonare un po' ipocrita.La domanda, però, è: perché abbiamo bisogno di una legge per votare le donne e soprattutto per votarle come seconda opzione? stiamo forse dando per scontato che la prima preferenza vada sempre ad un uomo? Il dibattito è annoso: sono le donne che non votano le donne! a riguardo ricordo un aneddoto raccontato dall'attrice e regista alessandria Laura Bombonato: "non so nulla di politica, però quando frequentavo le magistrali eravamo 620 studenti, 600 ragazze e 20 ragazzi eppure i rappresentanti di istituto erano sempre maschi".Siamo cresciute con modelli maschili in certi ruoli e fatichiamo a liberarcene. In più quando si tratta di donne alziamo sempre le aspettative, se non sono perfette non meritano fiducia. Abbiamo forse bisogno delle quote in politica perché questo cambi? Non sarebbe forse meglio fare la propria parte per il cambiamento senza aspettare che ci sia una legge ad imporcelo?Nelle liste presentate per le elezioni comunali possiamo trovare decine di donne, qualunque sia la nostra scelta politica. Donne che in molti casi hanno curriculum eccellenti e che hanno deciso di mettersi in gioco per cambiare la loro città. Per anni abbiamo dato fiducia agli uomini, perché stavolta non proviamo a dare fiducia a una di queste donne? E forse qualcosa cambierà davvero se dalle urne uscirà un'indicazione netta. Forse se saranno elette più donne nei consigli comunali sarà anche più difficile per i sindaci eletti (siano essi uomini o donne) comporre giunte tutte al maschile. E' vero, poi si può sempre fare ricorso al Tar perché le giunte si adeguino e inseriscano "la quota rosa" (come è avvenuto Benevento, Toritto (Bari), Sorgono (Nuovo) fra gli altri). Ma sarebbe meglio non doverci arrivare e ognuno, in questa tornata elettorale, può fare la sua parte.
A inizio aprile il Governo ha dato via libera al ddl presentato dal ministro delle Pari Opportunità, Mara Carfagna, che ha l'obiettivo di garantire la parità di genere nelle procedure per l’elezione dei consigli comunali, negli statuti comunali e provinciali e in materia di costituzione delle commissioni per i concorsi pubblici. In particolare sarà introdotta la “doppia preferenza di genere” per le elezioni comunali. Vale a dire che se si dà una prima preferenza ad un uomo, si potrà aggiungerne una seconda dandola ad una donna. Quello che è successo in Campania alle ultime elezioni e che ha portato qualche risultato.
Altre volte ho già espresso la mia perplessità sulle quote di genere, che reputo una misura dell'emergenza, non uno standard a cui aspirare. Quello chè più occorre, come si evince dal post, è la consapevolezza che basta saper scegliere bene, quando si è nella cabina elettorale.
wiska...chi lotta vive!
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