martedì 19 marzo 2013

Morto un papa, se ne fa un altro.

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Questo celebre proverbio, prendendo spunto dalle successioni papali, esprime il concetto del "nessuno è insostituibile."  dando voce, allo stesso tempo, ad un pragmatico fatalismo, quello che ci fa dire che la vita, seppur nefasta, comunque continua.
Dal punto di vista lessicale, l'ultima vicenda vaticana ha sicuramente tolto credibilità a questo antico detto, poichè un nuovo papa è stato nominato pur non essendo avvenuta la morte del predecessore, ma nel contempo ne ha rafforzato l'idea di fondo,  visto che, oggi più che mai, si può affermare che chiunque può essere sostituito, qualsiasi carica o potere egli abbia,
In realtà le dimissioni di papa Ratzinger e la successiva proclamazione di Papa Francesco vanno ben oltre il contraddire un comune modo di dire. Tale cessione di potere e responsabilità rappresentano un fatto eclatante nella storia della Chiesa Cattolica in cui la pur possibile abdicazione di un papa non si avverava dai tempi di  Papa Gregorio XII (in carica dal 1406 al 1415), periodo del cosiddetto scisma d'occidente dove regnarono contemporaneamente ben 3 papi.
Si comprenderà allora che l'abdicazione di Benedetto XVI, illazioni dietrologiche a parte, è pur sempre un evento anomalo nel compassato cammino della Chiesa romana. Penso tutti abbiano ancora negli occhi l'immagine di papa Wojtyła, col tremolio delle sue mani, col suo faticoso incedere, continuare nella sua funzione di Vescovo di Roma, nella sua missione di Capo della chiesa ed avanzare, nel suo personale calvario, fino alla morte.
Nel caso di Ratzinger, invece, è come se Cristo, ad un certo punto dell'ascesa al Calvario avesse chiesto di essere sostituito. Non vorrei sembrare blafemo, perchè in realtà ciò è una semplice constatazione del fatto che un papa, aldilà del discutibile dogma dell'infallibilità, dell'assoluto potere di cui sembra disporre, rimane pur sempre un uomo, con i suoi pregi e difetti, con tutte le sue umane debolezze. Del resto uno dei principi della dottrina cristiana è proprio la doppia dimensione, umana e divina, di Cristo (peraltro avverso da varie concezioni eretiche che ne esaltano l'una o l'altra),  ma nemmeno la più estrema e integralista concezione cattolica, può davvero pensare che nell'uomo Papa possa esistere quel "divino" dualismo. Occorre quindi accettare e magari anche apprezzare la semplice natura umana, viceversa il confronto Wojtyla - Ratzinger darebbe il via a dubbi e perplessità di ordine teologico e non, che certamente creerebbero confusione rispetto ad una "verità" che soltanto i diretti interessati conoscono.Volendo comunque azzardare un'ipotesi sulla decisione di Benedetto XVI, si potrebbe trattare di un'inversione di tendenza, da parte dei vertici ecclesiastici, nei confronti della successione papale che d'ora in poi, priviligerebbe più gli aspetti "pratico - politici" che quelli strettamente legati alla tradizione.
Un' ipotesi, a mio modo di vedere, suffragata proprio dalla scelta dei cardinali del conclave del nuovo papa Jorge Mario Bergoglio. Mai prima d'ora, infatti, la nomina papale aveva riguardato un cardinale d'oltre oceano, espressione tra l'altro  di una chiesa, quella sudamericana, molto lontana da Roma, non solo geograficamente. Un papa che sembra voler orientare la sua Pastorale soprattutto verso il sociale, ritornando ad una Chiesa più vicina alle necessità dei deboli, che agli affari e agli intrighi diplomatici, insomma un ritorno alla "Chiesa degli ultimi".
Sarebbe davvero un  buon viatico in un tempo così difficile per l'umanità intera.

venerdì 8 marzo 2013

Buon 8 marzo dalla Città della Gioia, in Congo.


Celebrare la giornata internazionale della donna è un impegno che ho sempre assunto con gioia. Nel contempo sono sempre stato un po' scettico rispetto agli aspetti mondani dell' 8 marzo, quelli che ben si identificano con il termine "festa" e che fanno piacere soprattutto a molti operatori commerciali. Così penso che tutti quegli uomini che credono che celebrare la figura femminile si riduca a regalare un rametto di mimosa o magari un gioiello, farebbero bene a riflettere sui loro comportamenti nei confronti delle loro mogli, compagne, madri, sorelle o amiche, durante i restanti 364 giorni dell'anno. Allo stesso modo, a tutte quelle donne che, forse per un legittimo senso di rivalsa, pensano di festeggiare l'8 marzo scimmiottando certe deleterie abitudini degli uomini, tipo streap-tease maschili o peggio, consiglierei di dedicare quel tempo privilegiando azioni e discussioni più costruttive.
Per celebrare degnamente questa giornata preferisco quindi scrivere di realtà in cui la donna è simbolo di lotta, di rinascita da tutte le oppressioni a cui, purtroppo, è in genere sottoposta.
Ecco allora un grande segnale provenire dal Bukavu, cittadina del Congo ai confini con Rwanda e Burundi, sita in un'area tra le più ricche di risorse del mondo, ma dove la povertà è inconcepibile. Dove piove quasi tutti i giorni, ma non c'è nè acqua, nè elettricità, dove esistono terre tra le più fertili, ma la gente muore di fame. Sita in una nazione come il Congo, dove i resoconti della violenza sessuale potrebbero fornire materiale a migliaia e migliaia di film horror. Non si tratta di“semplici” stupri, ma di assalti sadici che comprendono mutilazioni, torture, umiliazioni e – abbastanza spesso – femminicidio finale.
E' in questo contesto che è nata "La città della Gioia delle donne" un insediamento ideato e costruito da alcune donne congolesi, stanche di essere "oggetto" della vita di altri, che hanno capito che per essere "soggetto" della propria vita occorre innanzitutto avere un'autonomia economica. Così mettendo insieme i loro scarsi averi, hanno iniziato a lavorare a questo progetto, superando ostacoli di ogni genere, A loro si è unita, nel febbraio scorso, Eve Ensler e la sua "V Day" (organizzazione che porta in giro per il mondo gli spettacoli in cui sono rappresentati i testi del suo “I monologhi della vagina”) che ha portato solidarietà e soprattutto fondi affinchè la "Women City of Joy" potesse diventare una realtà duratura.
La Città della Gioia ospiterà ogni anno 180 donne. E’ un complesso che comprende grandi aule, cortili, verande: sarà la loro “università”, quelle in cui le sopravvissute allo stupro e alla tortura, in maggioranza analfabete, acquisiranno conoscenze per poi istruire altre donne nei loro villaggi.
Ci sono corsi sui diritti umani, corsi di autodifesa, corsi professionali e di agricoltura e di uso del computer; c’è la volontà di esorcizzare i traumi con le sessioni terapeutiche e la danza, ma soprattutto ci sono loro, le donne che hanno costruito con le loro stesse mani la Città. Hanno subito abusi brutali per anni, sono state violate con fucili d’assalto e bastoni di legno, il che ne ha lasciate molte sterili e incontinenti per il resto della loro vita: eppure, nessuno è riuscito a spezzarne lo spirito.
Scrive la Ensler: "Ho ascoltato in queste settimane le storie che hanno buttato tante di queste ragazze nel buio. Storie di una ragazza il cui nonno aveva violentata e messa incinta, storie di ragazze esiliate ed espulse dopo stupri o anche dopo avere avuto bambini.
In uno dei nostri esercizi ho chiesto alle ragazze di darsi un nuovo nome, un nome che potrebbe descrivere e portare il significato di ciò che esse sono diventate qui e poi scrivere la loro nuova autobiografia. Alcuni dei loro nuovi nomi: Stella, Luce, Vittoria, Amore, Sara (perché era bella e ha lavorato), la regina."
Ci sarebbe ancora tanto da scrivere sulla forza, sul coraggio delle donne congolesi, ma credo questo mio piccolo contributo renda comunque l'idea del grande significato sociale della loro azione e che il loro esempio possa infondere fiducia a tutte le donne che ogni giorno lottano per una concreta parità di genere.

Vi lascio con le parole di Madre Teresa di Calcutta:
 
Ricordati che la pelle avvizzisce,
i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni.
Ma l'importante non cambia:
la tua forza e la tua convinzione non hanno età.


Buon 8 marzo!



Fonti: www.macondo.it
          www.vday.org

sabato 2 marzo 2013

Politiche 2013 senza vincitori se non vince anche l'Italia.

IL risultato delle ultime consultazioni elettorali è stato, sotto il piano della governabilità, il peggiore che ci si potesse aspettare, segnando il fallimento del bipolarismo e consegnando l'immagine di un paese dal futuro politico sempre più incerto.
Mai come in questo caso si può affermare che in realtà non ha vinto nessuno.
Non hanno sicuramente vinto personaggi illustri come Fini e Di Pietro addirittura non rieletti come deputati o i nuovi movimenti di Ingroia e Giannino che non hanno raggiunto il quorum necessario. Non ha vinto Casini, giunto con l'Udc al suo minimo storico(1,9%) che di per sè avrebbe escluso il partito dal parlamento e salvato soltanto perchè  "miglior perdente" all'interno della coalizione di centro, dove anche Monti, pur avendo ottenuto un discreto consenso, è ben lontano da percentuali tali da garantirgli di essere determinante per la formazione di un'ipotetica maggioranza di governo.
Non ha vinto la Lega, tornata ad essere un partito dalla consistenza e valenza prettamente regionale e trainata in parlamento soltanto perchè in coalizione con il Pdl.
E nemmeno Berlusconi e il Pdl possono ritenersi vincitori  poichè malgrado affermino di aver recuperato rispetto ai sondaggi (dato davvero empirico), hanno invece perso più di 15 punti percentuali rispetto alle politiche del 2008  e non ha vinto il centrosinistra, come ha onestamente riconosciuto Bersani, in quanto pur avendo ottenuto il maggior numero di voti, non raggiunge comunque il quorum per avere la maggioranza nei due rami parlamentari.
Ho lasciato per ultimo il Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che da più parti viene indicato come l'unico vincitore di queste elezioni politiche. Effettivamente il 25,5% ottenuto dal suo movimento è un risultato unico nella storia, per una forza che praticamente partiva da zero, ma come già accennavo alla vigilia elettorale, questo grandissimo consenso popolare rischia di non servire a nulla se non lo si mette al servizio del paese. Intendo che il M5S, non dovrebbe lasciarsi scappare l'occasione di realizzare almeno alcuni dei suoi punti programmatici, quali ad esempio la riforma della legge elettorale, la riduzione dei costi della politica, la lotta alla corruzione. E' implicito che per fare queste riforme, non avendo una maggioranza parlamentare, il movimento debba ricercare un'allenza che alla luce dei fatti dovrà essere con chi avrà l'incarico, da parte del Presidente della Repubblica, di formare il nuovo governo. Questi potrà non essere necessariamente Bersani, ma sicuramente sarà espressione del Partito Democratico.
Purtroppo Beppe Grillo va ancora avanti a forza di battute e soprattutto dichiara che non voterà la fiducia all'eventuale governo del centrosinistra, a prescindere dalla proposta politica. Spero sia solo una tattica per mettere un po' di pressione e che l'ex comico genovese non contraddica le decisioni che il suo stesso movimento ha attuato in Sicilia , dove tuttora appoggia il candidato del centrosinistra Crocetti e dove ha ottenuto anche importanti incarichi istituzionali.
In ballo ci sono le sorti del popolo italiano di cui fanno parte tutti coloro che hanno gremito piazza San Giovanni nell'ultimo comizio di Grillo, tutti coloro che hanno conferito al M5S un eccezionale consenso e che, passata la giusta euforia per la vittoria elettorale, attendono ora provvedimenti concreti che contribuiscano alla risoluzione dei tanti problemi esistenti.
Sarebbe davvero un peccato se essi rimanessero ancora una volta delusi.