giovedì 30 dicembre 2010

Berlusconi, i furbi e i fessi.

E' un fatto che l'opinione pubblica, in genere,  tenda a schierarsi in funzione delle alleanze politiche che di volta in volta si vanno formando. 
In Italia tale tendenza ha da sempre assunto una collocazione radicale, nel senso che le alleanze o i partiti in cui ci si riconosceva, venivano seguiti e difesi con un certo "tifo da stadio". Se nella prima repubblica le contrapposizioni erano soprattutto ideologiche, (dc-pci, piuttosto che  msi o centristi che andavano dal psi al pli) negli ultimi anni, la scomparsa dei partiti storici, ha fatto si che il confronto o lo scontro si avesse soprattutto tra il centrodestra e il centrosinistra.
Mattatore del centrodestra, sin dal 1994, è stato sicuramente Silvio Berlusconi, cui sono principalmente dovuti i successi elettorali che hanno permesso a lui ed alle alleanze che ha, via via formato, di governare l'Italia per lungo tempo e che lo vedono ancora a capo di un governo.
Berlusconi è senz'altro il simbolo della collocazione di cui si accennava, essendo entrato in politica "per non lasciare il paese in mano ai comunisti", per cui la contrapposizione che negli ultimi anni si è venuta a creare, è soprattutto tra i "pro" e gli "anti" Berlusconi.
Il centrosinistra ha opposto vari leader, tra cui il solo Romano Prodi è riuscito a battere il Cavaliere in due occasioni, anche se poi i due governi omonimi hanno avuto vita breve.
Certo è che se Berlusconi ha governato tanto e ancora siede sulla poltrona di presidente del consiglio qualche ragione ci deve pur essere. Il centrosinistra o anche parte della sinistra storica, invece che cercare tali ragioni hanno, più che altro, cercato di intercettare il consenso che il leader antagonista andava man mano ottenendo, finendo per ricalcare grossolanamente i suoi programmi, dando spesso l'impressione che il luogo comune qualunquistico del "sono tutti uguali" fosse veritiero.
Prendendo spunto dall'ultimo libro di Beppe Severgnini, La Pancia degli Italiani si può dire che la ragione predominante del successo Berlusconiano derivi dalla sua faccia. Si, proprio la sua faccia con questo eterno e visibilmente artificioso sorriso, ma poco importa, tanti italiani lo percepiscono come un segnale di benessere, come il meritato premio alla loro vita fatta anche di stenti, come il segno della fiducia nel futuro, insomma per dirla come Severgnini: Berlusconi "assolve" tutti. Poco importa che i suoi governi abbiano oggettivamente combinato poco e che "soggettivamente" quel poco che hanno fatto sia stato addirittura deleterio per il paese, il suo consenso è sempre vasto perchè i suoi "tifosi" guardano  e credono in "lui".
Vorrei dire, da uomo di sinistra, che sarebbe ora di finirla di scimmiottare il leader di Arcore e cercare, proprio da sinistra, di dare vita ad una valida alternativa culturale e politica, ma non è semplice viste le attuali divisioni di schieramento e ne riparleremo più opportunamente in un prossimo post. Per il momento mi viene solo in mente ciò che scriveva Giuseppe Prezzolini nel Codice della vita italiana: "i cittadini italiani si dividono in due categorie: i furbi e i fessi".
In genere, a me non piacciono le categorie, ma lascio facoltà ad ognuno, di stabilire a quale delle due ritiene di  poter appartenere.

sabato 25 dicembre 2010

Giuseppe Gioacchino Belli: Er giorno de Natale




Sti poveri canonichi stanotte
nun hanno fatto antro c’una vita:
canta che tt’aricanta! 1 eh a ffasse fotte
sta galerra per dio cuann’è finita.

Povere ggente! tanto bbrave e ddotte,
si ddureno un po’ ppiú, pe lloro è ita!
Bbono che ppoi c’è er zugo de la bbotte
pe rrimétteje er zangue a la ferita.

Anzi, stanotte, sciaripenzo mone,2
sempre è stato a bbullí ccerto callaro3
pieno d’acquaccia e petti de cappone.

E ppe cquesto hai veduto, Orzola mia,
che, de sti preti sciorcinati, 4 un paro
ne curreva ogni tanto in zagristia.


30 novembre 1832 - Der medemo
                                                                                                                                                                                                                              
1 Canta e ricanta, sempre cantare. 2 Ci ripenso ora. 3 Caldaia. 4 Meschini, tapini.


buon Natale a tutti da Wiska

martedì 21 dicembre 2010

Sara e Yara, due scomparse troppo uguali

 




Non si è ancora spenta l'eco della tragedia di Avetrana in cui la quindicenne Sara Scazzi ha perduto la vita ed ecco che in un piccolo paese del bergamasco, Brembate di Sopra, scompare una ragazza tredicenne, Yara Gambirasio. Come Sara, anche Yara scompare in un  breve tratto di strada di sei, settecento metri al massimo, quello che va dalla sua abitazione, alla palestra che normalmente frequentava per praticare ginnastica ritmica. Ancora una volta, come nel caso di Sara, gli investigatori, malgrado l'uso di squadre speciali e mezzi tecnici sofisticati, brancolano nel buio dando ad intendere che non ci sia niente di logico in questo tipo di scomparse; in più, se nella triste vicenda di Avetrana, si era azzardata l'ipotesi di un allontamento volontario, magari provocato dalla solita conoscenza su Facebook, qui data l'ancor più giovane età di Yara ed il non possesso di alcun profilo sul citato network, nessuno ha avuto il coraggio di fare altrettanto.
Se si ricorda, anche il caso della studentessa pugliese era allo stesso punto morto, prima che Michele Misseri facesse ritrovare il telefonino di Sara e iniziasse la sua lunga serie di "confessioni", che tuttavia non hanno ancora chiarito i fatti che hanno portato all'assassinio della nipote.
Quel che resta, in ambo i casi, è una sensazione d'impotenza di fronte a quanto accade e un troppo facile ricorso all'incidenza del caso, in cui, come nelle migliori fiabe, tutto ad un tratto appare "l'orco".
Nelle fiabe però, alla fine l'orco viene sempre e comunque sconfitto, nella nostra realtà invece, l'ipotizzare simili soluzioni sembra più un'affannosa ricerca di un motivo qualsiasi, per mettere a posto la nostra coscienza di cittadini "per bene".
In queste scomparse così misteriose, così improvvise e così apparentemente senza motivo, risuona sempre di più, l'eterna domanda che ogni genitore, ogni persona che ha avuto figli o ha avuto a che fare con gli adolescenti si pone e cioè se, dietro la "normalità" del quotidiano, siamo poi all'altezza per avere un rapporto davvero di fiducia con essi, se sappiamo dar sempre conferme ai loro dubbi, se facciamo sempre in modo che le loro parole non rimangano inascoltate.
Concludendo, oltre che conoscere chi ha ucciso Sara Scazzi o causato la scomparsa di Yara Gambirasio, oggi è molto importante scoprirne il perchè.

martedì 14 dicembre 2010

Termodinamica politica

Nella termodinamica statistica l'energia totale di un sistema si distribuisce con uguale probabilità in tutte le suddivisioni possibili ed è importante realizzare che le tipiche grandezze macroscopiche che caratterizzano un sistema, sono espressione dei comportamenti medi dei componenti microscopici e quando lo stato complessivo del sistema varia si è operata una trasformazione termodinamica.
Se ci si riflette tutto ciò può essere traslato e non me ne vogliano i fisici, alla cronaca politica odierna in cui i comportamenti di alcuni componenti microscopici, relativamente all'intero sistema politico, hanno determinato una variazione del sistema stesso e quindi una sua trasformazione.
Traducendo: Scilipoti, Razzi etc. cambiando repentinamente schieramento, tipico esempio di "trasformismo politico"  hanno consentito al governo Berlusconi di avere la maggioranza anche alla camera.
Tuttavia, rientrando nel solco dell'analisi storico politica, la faccenda delle alleanze e del cambio di schieramento da parte di deputati e senatori è vecchia quanto lo stato italiano.
Agostino Depretis, leader storico della sinistra italiana di fine 800 fu uno dei primi ad utilizzare la metodologia politica del Trasformismo.
Alcuni giustificarono il "tradimento" causato dall'allenza coi conservatori, perchè Depretis riuscì, in quel modo, a far approvare riforme importanti per la parte che rappresentava, ma resta comunque il dubbio machiavellico sul "fine".
Detto trasformismo politico in senso stretto, sfocia poi in un'accezione più larga come l'incoerenza che oggi sembra essere una caratteristica di buona parte dei politici ed anzi pare chiaro che esistano veri e propri professionisti del "passaggio" che ben sfruttano i momenti critici del sistema ed anche in questo caso ciò che conta è il "fine".
Che poi esso sia personale e non di schieramento, sta solo a significare il decadimento della politica.

sabato 11 dicembre 2010

Due suicidi "diversi".

I due suicidi, avvenuti nello scorso novembre, hanno colpito l'attenzione dei media e di gran parte dell'opinione pubblica; suicidi dovuti a motivazioni diverse, ma che hanno portato alla stessa tragica conclusione di morte.
Chi erano i due autori di questo gesto estremo?
Il primo, in ordine cronologico, è stato un sacerdote, Don Sergio Recanati, nato 51 anni fa a Masano che svolgeva la funzione di cooperatore nel santuario di Caravaggio  e che domenica 28 novembre si è tolto la vita buttandosi sotto un treno, nelle campagne tra Caravaggio e Pagazzano, in provincia di Bergamo.
Il secondo è stato Mario Monicelli, nato a Viareggio 91 anni fa, grande maestro del cinema italiano dal dopoguerra ad oggi, nonchè figura di primo piano nel panorama culturale italiano, che la sera di  lunedì 29 si è buttato dal quinto piano dell'ospedale San Giovanni a Roma, dove era ricoverato.
 

 Premesso che , a mio modo di vedere, il suicidio non è mai una scelta completamente razionale e lucida in quanto qualcosa nella nostra mente fa si che venga superato il limite naturale costituito dall'istinto di conservazione, tuttavia tutti cerchiamo di trovare delle spiegazioni che possano far comprendere il ricorso ad un simile gesto. Per Monicelli si è parlato del suo rifiuto a vivere l'ultima parte della sua vita in modo doloroso e opprimente, dato che era affetto da un tumore alla prostata, allo stato terminale. Si è anche aperto, a tal proposito, un dibattito giornalistico e non solo, tendente a strumentalizzare l'estremo atto del grande regista, vuoi dalla parte di chi lo ha considerato come una  sorta di "diritto d'eutanasia", vuoi dalla parte di chi, invece, sostiene che la vita è un bene sociale e non può essere appannaggio del singolo.
Per quanto riguarda Don Recanati, tutto viene fatto risalire allo scorso giugno, quando il sacerdote fu ripreso da un video, girato da "Le iene", in cui fu sorpreso a molestare un ragazzo, con la scusa del conforto religioso, in seguito al quale fu poi sospeso dal suo incarico e mandato in una comunità, per curarsi.
Chiunque abbia seguito le due notizie sui media o su internet, penso abbia notato ciò che ho notato io e cioè una grandissima sproporzione nei commenti e nel giudizio riguardo i due suicidi.
Sono d'accordo che la popolarità del grande regista ha svolto un ruolo importante in questo, tuttavia  se da  tutte le "posizioni" si è concesso un certo rispetto al gesto di Monicelli,  per l'altro è sembrato quasi che  avesse avuto la fine che  meritava.
Ed è proprio qui che non sono d'accordo, poichè seppure è ovvio e doveroso deprecare, con tutte le forze, le molestie sessuali, soprattutto aggravate dal fatto che a compierle  sia un sacerdote nel sacro"Ufficio di confessore", ciò nonostante non credo che esse meritino una pena come la morte, viceversa non so cosa possano meritare i responsabili di violenze continuate, famigliari e non o i responsabili di omicidi plurimi, genocidi e quant'altro di terribile accade ogni giorno, in ogni parte del mondo;  il fatto avvenuto poteva e doveva risolversi in modo differente, magari davanti alle forze dell'ordine o alla magistratura, anzichè davanti alle telecamere di una trasmissione televisiva che ha dato vita ad un pubblico ludibrio prima e ad un giudizio sommario dopo.
In controtendenza, c'è anche da evidenziare che le istituzioni ecclesiastiche hanno concesso  di celebrare il funerale del sacerdote suicida  nel prestigioso santuario di Caravaggio, dove lo stesso svolgeva la funzione di cooperatore e laddove si erano verificati  i fatti di cui era accusato. Una scelta discutibile se pensiamo che a  Piergiorgio Welby, colpevole secondo la Chiesa, di non voler continuare a vivere "artificialmente", non era stato concesso lo stesso privilegio.
Concludendo, se c'è da esprimere rispetto per un gesto come il suicidio, allora va espresso per  tutti  allo stesso modo poichè, secondo me, la morte accomuna e rende simili gli interpreti nel compimento di questo tragico atto.
Suonano appropriate le parole che lo stesso Monicelli proferì  in occasione del suicidio del padre Tomaso, avvenuto nel 1946:
"Ho capito il suo gesto. Era stato tagliato fuori ingiustamente dal suo lavoro, anche a guerra finita e sentiva di non avere più niente da fare qua. La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena."

wiska...chi lotta vive!