C'era una volta una società di calcio che poteva essere considerata un modello. La considerazione di cui godeva non riguardava tanto i risultati ottenuti sul campo, che seppure discreti le avevano consentito soltanto di fare la spola tra la massima serie e la serie B, ma atteneva l'aspetto economico-finanziario della sua struttura societaria.
Le oculate campagne acquisti, scevre dalla rincorsa al nome altisonante, ma tendenti all'acquisizione di buoni calciatori di categoria, unite ad un'accurata politica del settore giovanile le permettevano di essere una delle poche società italiane a chiudere ogni campionato con il bilancio non in rosso.
Sto parlando dell'U.S. Lecce che, come molti sapranno, dopo essere retrocessa in serie B nello scorso campionato, è stata ulteriormente retrocessa in Lega Pro (la vecchia Serie C), perchè accusata di aver illecitamente determinato il risultato della gara Bari - Lecce del campionato 2010/2011, versando 200 mila Euro ad alcuni calciatori del Bari.
Ciò che di più impressiona è il repentino passaggio dell'Unione Sportiva, dalla posizione di società "modello" a quella molto meno virtuosa di società invischiata in vicende così losche. Già questo, a prescindere dalle decisioni della giustizia sportiva, è motivo di disappunto per chi scrive, per i sostenitori giallorossi e per gli sportivi in generale. Uno staff dirigenziale serio e onesto, come quello di cui scrivevo, non dovrebbe avere rapporti con ambigui faccendieri quali quelli implicati nel fattaccio di Bari. Evidentemente il passaggio generazionale all'interno della famiglia Semeraro, ai vertici della dirigenza della società salentina, non ha giovato. La pacata e saggia esperienza dell'ex presidente Giovanni, a cui va dato il merito di aver risollevato, anni fa, le sorti del Lecce, ha lasciato il posto alla giovane inesperienza del figlio Pierandrea. Questi invece di portare nuove e concrete idee, ha forse pensato che tutto si potesse risolvere in una politica d'immagine fine a se stessa, intraprendendo relazioni d'affari con persone di dubbia morale, con personaggi che con il calcio "pulito" avevano poco a che fare ed allontanando nel contempo quelli che, insieme al padre, avevano contribuito alla realizzazione del progetto Lecce (vedesi Luigi Di Canio, che aveva introdotto l'innovativa figura di allenatore-direttore sportivo, unica al momento in Italia).
Tutto questo ha avuto come risultato, oltre alla citata esclusione dal campionato cadetto, la cessione quasi gratuita del pacchetto azionario al gruppo Tesoro, dissolvendo così un patrimonio che nel corso degli anni era stato, come descritto, faticosamente costruito.
L'amarezza che pervade tutti noi che abbiamo a cuore questa gloriosa società, non può neanche essere attenuata dalla constatazione che la giustizia sportiva, come altre volte dimostrato, sia una giustizia di tipo sommario. Non voglio nemmeno approfondire la questione e rimando gli interessati alla
lettura degli atti, dove scopriranno che le prove addotte dal procuratore federale sono al massimo indiziarie, ma resto della convinzione che una dirigenza societaria più matura non avrebbe dato origine a questi "indizi".
Per sdrammatizzare dico solo che tutta la vicenda calcio-scommesse 2012 sembra più che altro una congiura dei "baresi", visto che i principali accusatori sono ex calciatori del Bari (Bellavista e Andrea Masiello) e che a pagare sono stati solo i "leccesi"! (Antonio Conte e il Lecce).