Dopo i quattro caduti della Brigata Alpina "Julia" uccisi, lo scorso ottobre, in un imboscata , la sera del 31 dicembre, un altro alpino, Matteo Miotto, viene ucciso durante uno scontro a fuoco e va purtroppo ad aggiungersi al mesto elenco di 35 vittime della Missione per la Pace in Afghanistan, di cui le nostre Forze Armate fanno parte.
Uso volontariamente il complemento di specificazione "per la pace" al posto di quello "di pace" comunemente usato, giacchè si tratta sempre di interventi armati, anche se volti, come si spera, a ristabilire la pace.
Come sempre accade dopo eventi tragici come questi, accanto ai sentimenti di cordoglio per le vittime e per le loro famiglie, noto l'uso frequente del termine "eroi" che mi fa un po' rabbrividire, facendomi tornare alla mente periodi storici recenti e non, che la storia ha poi dimostrato, che di eroico non avevano proprio niente.
Tornando ai nostri poveri Caduti, a cui ovviamente va tutto il nostro deferente plauso, va ricordato che erano volontari dell'Esercito, cioè ragazzi che in genere scelgono questa professione soprattutto perchè il mondo del lavoro non offre ai giovani tante altre occupazioni che diano la sicurezza di uno stipendio sicuro per tutta la vita. Erano inquadrati in un reparto cosiddetto Operativo che quindi viene periodicamente chiamato a svolgere Missioni Fuori Area, per cui nel momento in cui la loro unità è andata in Afghanistan, anche i nostri ragazzi sono partiti insieme agli altri, a prescindere se avessero o no la volontà di andare.
Tranne casi veramente eccezionali, a nessuno viene in mente di rifiutare, pur avendo magari motivi validi: troppo alto il senso del dovere, unito a quel sano cameratismo che in gergo si chiama "Spirito di Corpo" ed anche al pensiero di buon riscontro economico durante le missioni, specie a fronte degli stipendi che in patria oscillano intorno ai 1400 euro mensili.
Ed anche in zona operativa ognuno continua a compiere il proprio dovere, sia all'interno di una caserma con mansioni logistiche, sia che abbia un compito più operativo come quello di costiture posti di blocco o scortare convogli umanitari o altro e ognuno è consapevole del rischio che corre, ma anche del fatto che si viene pagati proprio per svolgere quelle funzioni.
Una mattina poi, mentre si scortano camion di viveri destinati alle popolazioni, accade che il nostro mezzo, magari nemmeno appropriato per quel tipo di missione, incoccia una bomba rudimentale e salta in aria, oppure ci si trova improvvisamente esposti al fuoco di un cecchino o di un non ben identificato gruppo di insorti, come specifica il Ministro della Difesa, ma poco importa chi sia a spararci, il dramma è che si muore...muoiono le persone... e nascono gli eroi??
No, non si nasce eroi, nè lo si pianifica.. sono solo determinate circostanze a poterci far decidere volontariamente di esserlo, come buttarci in mare per salvare qualcuno che annega, o aiutare l'anziana signora che sta per essere scippata, o mettersi contro qualcuno che tenta di violentare una ragazza, o anche, proprio in azione di guerra, resistere in una postazione per permettere ad altri di mettersi in salvo, ma sono casi isolati e determinati nel preciso momento in cui avvengono, mai pianificati, giacchè nessuno decide, a priori, di andare volontariamente a morire.
E allora sono le Istituzioni, gli Stati ad esigere la nascita degli eroi. Come nella narrazione biblica, Abramo, per non contraddire il Volere di Dio, porta il proprio figlio sull'altare del sacrificio, anche oggi gli Stati portano i propri figli sull'altare sacrificale delle guerre al servizio di pur nobili ideali come pace, libertà, sicurezza, quando non nascondano altri e più squallidi interessi.
Iddio però, fermò Abramo e Isacco fu salvo, i nostri figli invece continuano a morire e la domanda è: ne vale veramente la pena?
Per le Istituzioni, gli Stati, per gli ideali che possano chiamarsi Pace, Libertà, Sicurezza, certamente si, ma per le persone: per le madri, i padri, le mogli, i figli, i fratelli, le sorelle dei Caduti, certamente no!
wiska chi lotta vive
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